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Il Cantiere a2, n5 febbraio 2022

APPALTI E SUBAPPALTI

frammentazione dei cicli produttivi, estensione delle tipologie di rapporti di lavoro precari, individualizzazione dei rapporti di lavoro, esternalizzazioni e appalti

Stefania Baschieri

Un tema ricorrente nella politica italiana è quello relativo alla semplificazione delle procedure, quale strumento ritenuto prioritario per l’efficientamento della spesa pubblica e la compressione dei tempi di aggiudicazione dei contratti.

Tale logica permane anche all’interno del PNRR ed in particolare sulle procedure per appalti pubblici e concessioni con il grosso rischio di scambiare la semplificazione delle procedure con la semplice deregolamentazione e cancellazione di norme relative alla sicurezza del lavoro nonché quelle relative al contrasto di infiltrazioni malavitose.

Ed è proprio sulla sicurezza, da sempre nella catena degli appalti una strada in salita, che oggi, alla luce di quanto modificato nel PNRR, tale salita potrebbe ulteriormente peggiorare.

Cerchiamo di capire innanzitutto, come nel nostro Paese il lavoro abbia assunto, in modo sempre più spietato, quasi unicamente il significato di concorrenza e competizione.

Da questa concezione deriva un gravissimo degrado di elementi culturali e materiali quali l’allentamento dei compiti e ruolo di vigilanza pubblica, che insieme alle risibili risorse per investimenti, ricerca, istruzione e formazione, alla frammentazione dei cicli produttivi, all’estensione delle tipologie di rapporti di lavoro precari, alla individualizzazione dei rapporti di lavoro, alla sempre più diffusa pratica di esternalizzazione e appalti, rende il lavoro sempre più insicuro sul piano della salute e sicurezza e più ricattabile sotto tutti gli altri aspetti (orari, salario, ferie, ecc…).

E questo non sfugge ai contenuti del PNRR, dove sugli appalti e subappalti ritroviamo quella spinta alla semplificazione che è vista più come superamento di vincoli, evidentemente ritenuti limiti a quella competitività e concorrenza sopra richiamate, che piuttosto come volontà di velocizzare le procedure.

Infatti sul subappalto si introducono modifiche sostanziali che liberalizzano ulteriormente il ricorso allo stesso, rendendo sempre più complicata la tracciatura della catena appalti-subappalti con tutto ciò che ne può derivare in termini di sicurezza e di trasparenza.

Tali modifiche sono state introdotte a seguito di una procedura di infrazione n. 20128/2273 del 24 gennaio/27 novembre 2019 all’Italia da parte dell’Unione Europea, che ha ritenuto non conforme alcuni limiti presenti nella normativa italiana con peculiare riguardo alla disposizione contenuta nell’art. 105 del D.Lgs n.502016 che pone un limite percentuale al subappalto prestabilito per legge su tutti gli appalti.

Questo ha avuto come conseguenza il fatto che, a partire dal 1 novembre 2021, il subappalto vede l’abbattimento di ogni limite quantitativo generale predeterminato (prima non poteva superare il 40% della spesa complessiva).

L’unico “limite” introdotto è l’obbligo delle stazioni appaltanti di indicare nei documenti di gara le prestazioni oggetto del contratto di appalti non sub-appaltabili e quindi da eseguire a cura dell’aggiudicatario.

Questo vuol dire che dal 1 novembre 2021 è entrata a regime la subappaltabilità integrale di ogni contratto aggiudicato.

Altro aspetto molto pericoloso è quello relativo alla eliminazione del divieto di ribasso superiore al 20%, anche questa modifica viene fatta a seguito di un pronunciamento della corte di giustizia europea del 27 novembre 2019 con una curiosa motivazione secondo cui “al fine della tutela salariale dei lavoratori impiegati nel subappalto, tale limite non consente una garanzia per i lavorato-

ri stessi”. (?)

In alternativa si prevede l’obbligo per il subappaltatore di garantire ai lavoratori un trattamento economico e normativo non inferiore a quello che sarebbe garantito dal contraente principale, inclusa l’applicazione del CCNL a cui aderisce il contraente principale stesso.

Ad una prima lettura questa sembrerebbe una norma di maggior tutela, ma a ben vedere è una norma di difficile applicazione che potrebbe dare adito a numerosi contenziosi in quanto è difficilmente sostenibile il fatto di imporre uguale contratto a ditte che aderiscono a organizzazioni datoriali diverse, ma riconosciute, e firmatarie di contratti propri (basti pensare ad una azienda che applica un CCNL dell’industria ed un’impresa artigiana subappaltatrice che applica invece il CCNL dell’artigianato).

Forse sarebbe bastato eliminare tout-court il capitolo massimo ribasso e prevedere una responsabilità dell’appaltatore e del contraente principale su materie come la salute e sicurezza, i diritti retributivi, contributivi, assicurativi.

O forse bisognerebbe cominciare a sostenere come la logica degli appalti e dei subappalti, che oggi nessuno sembra più mettere in discussione, faccia parte di quei processi di deregolamentazione del lavoro sempre più spinti e che producono sfruttamento, riduzione di diritti, aumenti dei rischi per la salute e la sicurezza, mancanza di trasparenza e, non ultimo, maggiori rischi di infiltrazioni malavitose, processi che rispondono unicamente ad una visione economicista di questo sistema capitalista e negano il valore e la dignità del lavoro e dei lavoratori.